Sì, la vita per la maggior parte di noi rimane per molto tempo soltanto un gioco. Anche da adulti continuiamo a giocare scambiandoci regolarmente dei ruoli drammatici più impensabili. A cosa serve questa recita? Perché giocano tutti i bambini? Semplice: per filtrare la sofferenza prima di affrontarla nella vita reale.
Karpman fu un perspicace studente di Eric Berne, che intuì il senso della teatralità nello svolgimento dei giochi analitico transazionali. La vita è un gioco nel vero senso della parola, e la drammaticità delle nostre relazioni rappresenta l’indice perfetto per segnalare un qualche gioco in corso. Più appassionati siamo, più fervore ed esagerazione aggiungiamo alle nostre relazioni e alle nostre attività, più immersi siamo nella nostra rappresentazione immaginaria.
Perché preferiamo il gioco alla vita reale?
La vita autentica richiede l’accettazione e la consapevolezza di tutti i suoi aspetti. Molto difficile da fare. Giocarci intorno offre la possibilità per una pausa di “riflessione”, prima di affrontare e di elaborare il dolore che la realtà ci impone.
Il gioco fa crescere il nostro Bambino interiore, ma quando diventa abitudine, ci fa perdere del tempo prezioso per vivere in modo autentico. Dal punto di vista analitico transazionale il gioco è la necessità inconscia di chi deve confermarsi la sua posizione esistenziale per poter giustificare a se stesso le sue discutibili scelte di vita e il suo fragile equilibrio interiore.
Ci sono innumerevoli varianti di modelli relazionali, ma Karpman li ha ben concentrati nel suo famoso triangolo drammatico, perché in fondo tutte le parti nella recita della vita vanno a finire ordinate in questo schema. I vertici del triangolo “teatrale” rappresentano i tre ruoli fondamentali: il Persecutore, il Salvatore e la Vittima.
Non è mai un gioco pulito!
I giocatori si identificano in uno di questi tre ruoli, per svolgere poi una trama complicata e molto appariscente, il cui punto culminante rovescerà improvvisamente le posizioni iniziali. Come in una vera rappresentazione teatrale. La dinamica dei giochi, spiegata anche altrove, richiede la scelta di una posizione di partenza, sbandierata con molta ostentazione per attirare il partner appropriato.
Il Persecutore convinto dell’ingiustizia del mondo andrà a caccia della Vittima appropriata, che magari reca impunita dei danni alla gente, mentre qualche tipo di Salvatore andrà a tuffarsi stupidamente nelle situazioni rischiose per salvare qualche altro tipo di Vittima bisognosa.
Una volta agganciati, i due attori sviluppano un fantasioso scenario pieno di divertimento e di pathos, per arrivare all’immancabile colpo di scena finale. Alla fine le reali posizioni dei due giocatori vengono improvvisamente svelate per lo sconforto generale di tutti. I due si girano e fanno vedere all’altro ciò che pensavano sin dall’inizio, come se fosse una scritta sul retro della propria maglietta: Tu non sei ok.
Così come la donzella seduttrice scopre che il suo principe non è altro che un maiale arrapato, o come il giocatore in borsa capisce che il suo fantastico consulente l’ha scaricato tranquillamente dopo avergli fatto perdere tutto il capitale scommesso. La spiacevole conclusione provoca la stessa delusione piena di amarezza del bambino che non ha avuto la sua caramella. Una caramella molto importante, che avrebbe potuto fare la differenza.
Il Persecutore
Il Persecutore o il Carnefice di solito deve “correggere” una situazione non ok e veste i panni del giustizialista che deve far quadrare i conti. Può pretendere con virulenza la finalità regolatrice delle sue azioni, e procede dritto alla persecuzione della sua Vittima.
Sembra incredibile, ma il gioco alla violenza e alla tortura nelle sue forme più svariate appassiona molto entrambi i partecipanti. Quindi anche la Vittima ottiene il suo godimento inconfessabile, così come nel gioco guardie e ladri, per esempio.
Ovviamente, questo non giustifica affatto alcun’azione riprovevole nei confronti della vittima reale, che sia molto chiaro. Il gioco procede perché sia il Persecutore sia la sua Vittima hanno bisogno di arrivare al punto culminante, in cui si dovranno affrontare senza maschere per potersi scambiare l’orribile maglietta.
Il finale vuole un Persecutore KO
Infatti, in finale il Persecutore perde la sua energia “persecutoria” e cede il ruolo alla sua Vittima, la quale nella figura tanto odiata vedrà il suo perfetto rispecchiarsi. Lo scambio dei ruoli – magliette conferma le posizioni nascoste degli entrambi. Il Persecutore si rivela una vittima che pensa di nascosto Io non sono ok, ma nemmeno tu non sei ok, mentre la Vittima acquista la sua penosa dignità trasformandosi nel Persecutore e passando alla posizione Io sono ok, tu non sei ok.
Che siano persecutori anonimi in una relazione di coppia o persecutori famosi della storia, tutti fanno la stessa pietosissima fine: vengono abbandonati, diffidati dall’interdizione giudiziaria, messi in galera o messi alla gogna pubblicamente in piazza. Tutti per mano delle loro vittime.
Ci sono però anche persecutori che sopprimo le proprie vittime rimanendo impuniti. In quel caso non solo perdono l’oggetto della loro ira, ma rimangono interiormente delle vittime eterne, con la coscienza marchiata in eterno da un atto per cui non pagheranno mai. La giustizia umana, per quanto sia imperfetta, ha comunque lo scopo di alleggerire la giustizia della coscienza individuale.
La Vittima
La Vittima gioca per riscattarsi la posizione esistenziale di inferiorità Io non sono ok, tu sei ok. Nella cultura buonista della supremazia del bene assoluto promosso dalla interpretazione deviata degli insegnamenti cristiani, la Vittima è il ruolo preferito per eccellenza. In realtà, la posizione della Vittima nasconde la stessa visione negativa sull’altro e sul mondo circostante assunta anche dal suo Persecutore.
Infatti, abbiamo visto che alla fine del gioco la Vittima si trasforma nel Persecutore, rivelando la sua vera indole. Di conseguenza è proprio la complementarità interiore tra i due, che li unisce in un gioco di apparenze complicate finalizzato in fondo ad una scarica dolorosa e involutiva di responsabilità individuale.
La Vittima di natura spirituale fonda le sue convinzioni sulla stessa base occulta: tu non sei ok. Il suo Carnefice è questa volta l’infedele maligno che si ostina a reprimere i valori positivi e spiritualmente elevati della Vittima. Il vittimismo in questo caso si incarna nel poveretto crocifisso dalle folle insensibili o rappresenta il fedelissimo prescelto convinto che il suo sacrificio compenserà un destino di futura gloria spirituale.
Il Salvatore
Il Salvatore è la terza parte della recita esistenziale, colui che si erge da finto vincitore sul piedistallo di chi pretende di considerare la vita partendo da Io sono ok, tu sei ok. Chiunque ama vestirsi di notorietà o conquistare l’adorazione degli scontati ammiratori, si accinge a interpretare lo splendente ruolo del portatore della salvezza. Bramoso di riconoscimento, il Salvatore sceglie i suoi deplorevoli bisognosi di aiuto tra i ciechi sognatori in attesa del grande soccorritore di arcano principio genitoriale.
Mentre il Persecutore parte più “onestamente” dalla posizione Io sono ok, tu non sei ok, il Salvatore preferisce partire dalla finta dichiarazione Io sono ok, tu sei ok. Entrambi sono convinti che l’altro va modificato in qualche modo. Il Persecutore veste i panni del giustiziere che mette ordine nel mondo, mentre il Salvatore lo fa in modo eroico vestendosi dall’aura della superiorità valoriale. Il Salvatore è convinto che la sua missione salvifica sia il modo giusto per redimere la sua vittima e per assicurarsi un posto in prima fila nel paradiso-show.
Illusi e immobili nell’invalidante condizione della Vittima, i miseri richiedenti d’aiuto si buttano tra le braccia salvifiche del loro Salvatore, in attesa del momento propizio per invertire il gioco e far rivelare “la maglietta” su ciò che hanno da sempre pensato: il Salvatore non è altro che un truffatore o un inerme privo di forza, incapace di offrire il giusto aiuto. La delusione è tanta, quanto l’intensità delle aspettative. Il Salvatore viene cacciato a sassate rivelando il suo Io non sono ok, mentre i bisognosi si riconfermano la sottostante posizione persecutrice di Io sono ok, ma tu non sei ok.
La rappresentazione è finita, la consapevolezza è stata raggiunta
Ecco i giochi preferiti degli umani durante la loro crescita evolutiva e le modalità in cui si scambiano le maschere nella convinzione che l’altro e soltanto l’altro sia responsabile della propria condizione.
La presa di coscienza ha bisogno di onesto lavoro interiore per ritrovare la capacità di elaborare il dolore passato e innescato ripetutamente dai giochi. Un lavoro difficile che ogni Bambino evita sistematicamente sostituendolo con l’appassionante recita della vita. Ci vuole un Genitore affettuoso, valoroso e deciso per insegnare al suo Bambino la responsabilità della vita e l’abbandono del teatro.
Per poter vivere una vita autentica i tre attori possono rinunciare alla necessità di dimostrare all’altro che “tu non sei ok” soltanto scegliendo in modo consapevole di essere se stesso ok. Ognuno nella sua modalità più consona: il vecchio Persecutore rimane l’amante della giustizia, ma rinuncia alla persecuzione ingiusta del colpevole.
L’ex Vittima continua a girare anche l’altra guancia, ma senza alcun rancore o senso di colpa, pienamente consapevole che questo sia il modo per far defluire la rabbia persecutoria nei suoi confronti.
L’illuso Salvatore questa volta scende dal suo palcoscenico immaginario e si prende realmente la responsabilità di dedicarsi al bene del suo prossimo completamente consapevole del peso della sua rinuncia.
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