La dualità è la legge dell’esistenza confinata in uno spazio limitato a due principi estremi. L’azione tra i due estremi determina l’eterna ricerca del loro punto zero, convogliando le energie di questo universo in un bilanciarsi perpetuo tra due valori opposti. Si può sfuggire alla dualità?
La differenza di potenziale impone il battito esistenziale dal negativo al positivo e viceversa, questo è il motore che intima la direzione oscillatoria obbligatoria, delimitando strettamente il destino di qualsiasi particella capitata nel suo raggio!
Sfuggire alla dualità imposta dal flusso pulsatile forzato vuol dire trovare l’immobilità del centro. Il punto zero, lì dove le forze si annullano reciprocamente e la pace apre la multi direzionalità di azione. Dal centro della chiocciola elicoidale si può avere la prospettiva del giro completo e si può decidere se continuare i giri o saltare fuori dalla spirale. Come realizzarlo all’interno dell’anima? Come uscire dalla ruota della vita e la morte?
Sfuggire alla dualità delle pulsioni di vita e di morte
Questo è un intento molto ambizioso. Dato il punto di svolta in cui ci troviamo, mi accingo comunque ad aprire la visione mentale della via spirituale per quei pochi esseri sensibili rimasti in giro. Per cercare di capire come sfuggire alla dualità pulsionale che ci rende intrappolati tra la vita e la morte, bisogna prima comprendere bene come funzionano le pulsioni di vita e di morte. Freud ci dà una mano.
La pulsione è la spinta a ridurre la tensione interna provocata dagli stimoli. La pulsione spinge dunque alla reazione immediata agli stimoli sensoriali, fisiologici, ambientali.
Immagino il motore pulsionale alla base della vita psichica molto simile, se non identico, al motore che genera il nostro universo. O meglio, l’universo percepito con il nostro livello di coscienza.
Le pulsioni di vita spingono verso la sessualità, afferma Freud. Quindi la vita va verso l’unione, verso la diversità dell’altro. La ricerca della vita rappresenta di conseguenza il tentativo di ridurre la tensione interna provocata dallo sforzo di conservare uno stato di equilibrio stazionario, l’inerzia, l’immobilità. Ci vuole un consumo di energia immane per poter resistere alla spinta verso l’altro, verso l’amore.
La pulsione della vita si oppone alla pulsione di morte. Il bisogno di tornare ad uno stato di pienezza precedente richiama la morte, mentre la spinta in avanti, verso il vuoto della promessa di un nuovo piacere, è la vita. Due spinte vettorialmente opposte che si escludono a vicenda: il pieno della soddisfazione inerziale e il vuoto del desiderio da soddisfare.
Il pessimismo freudiano. Vince davvero la morte?
Questo è l’errore tipico della presunzione umana. L’uomo è convinto che oltre i suoi orizzonti dualisticamente limitati la vita cesserebbe. Questo fu anche l’errore di Freud, convinto che la nostra esistenza sarebbe determinata dall’oscillazione tra la pulsione di vita e la pulsione di morte, con la tentazione diabolica di considerare decisiva quest’ultima (1).
Testimone desolato della coazione a ripetere presente nei suoi pazienti, Freud asserisce scetticamente: “Se possiamo considerare come un fatto sperimentale assolutamente certo e senza eccezioni che ogni essere vivente muore (ritorna allo stato inorganico) per motivi interni, ebbene, allora possiamo dire che la meta di tutto ciò che è vivo è la morte, e, considerando le cose a ritroso, che gli esseri privi di vita sono esistiti prima di quelli viventi.”(2)
Anche se ad un certo punto ebbe un lampo di dubbio, riconsiderando l’ipotesi che ci fosse una sorta di energia neutra indeterminista che spingerebbe verso la morte o verso la vita.
All’inizio ha soltanto una piccola incertezza: “Non è possibile costatare con certezza l’esistenza di una pulsione universale che spinge gli esseri viventi verso un più alto sviluppo; tuttavia è innegabile che il mondo animale e vegetale presentano di fatto un’evoluzione in questo senso… Può essere difficile, per molti di noi, rinunciare a credere che nell’uomo sia insita una pulsione che lo spinge a cercare la perfezione, una pulsione che lo ha elevato fino all’attuale livello di capacità intellettuale e di sublimazione etica, e dalla quale ci si può attendere l’evoluzione dell’uomo a superuomo. Solo che io non credo nell’esistenza di questa pulsione interiore, e non vedo in che modo si possa far salva questa benefica illusione.”(3)
La via della sublimazione!
Due anni più tardi, invece, non solo ammette l’esistenza di una tale terza via, ma suggerisce anche come raggiungerla:” Abbiamo proceduto come se nella vita psichica esistesse … una energia spostabile, di per sé indifferenziata, la quale potesse venire aggiunta a un impulso qualitativamente differenziato di natura erotica o distruttivo accrescendone l’investimento globale. Senza l’ipotesi di una tale energia spostabile non veniamo a capo di nulla. Solo ci si domanda quale sia l’origine di tale energia, a chi appartenga e che cosa significhi… Se questa energia spostabile è libido desessualizzata, essa può anche essere definita energia sublimata.”(4)
La sublimazione è, quindi, il processo psichico attraverso il quale le pulsioni perdono la loro direzione vettorialmente opposta, cioè il loro oggetto di odio o d’amore. Sublimate dai pensieri elevati, le pulsioni primitive vengono slegate dalla componente emotiva per mettersi alla disposizione dell’Io adulto e pensante. Infatti, l’eroe di questa decantazione e purificazione energetica è il pensiero maturo, il quale trova sede nell’Io freudiano e si manifesta attraverso l’Adulto analitico transazionale.
Figlio della nevrotica e sessualmente repressa società borghese, Freud considera però la sublimazione come” un destino forzatamente imposto alle pulsioni dalla civiltà.”(5)
Dalla sublimazione sessuale alla sublimazione pulsionale
Jung invece va oltre ed elabora il concetto freudiano della sublimazione in un contesto più vicino alla nostra società odierna, “desessualizzando” la libido e conferendole il significato più ampio di energia pulsionale.
La creatività del Bambino libero unita alla moralità autentica, cioè non inquinata dai dogmi moralistici del provvidenziale Genitore normativo, si fondono nel crogiolo imposto dal principio di realtà per nobilitare la natura primitiva dell’essere umano liberandola dalla malefica dualità pulsionale.
Così, la sublimazione diventa per l’individuo non più una conciliazione forzata con le restrizioni della civiltà, ma una trasformazione alchemica, un’armonizzazione dell’esperienza individuale con la pesante condizione umana. Tutto ciò è realizzabile grazie ad un’attività superiore creatrice culturalmente. (6)
La sublimazione è un percorso di autoconoscenza
Ecco dunque che la sublimazione rappresenta di fatto un cammino di auto trasformazione, che parte dalla bassa condizione dell’essere dominato dalle spinte immediate e va fino al raggiungimento della dimensione spirituale. Un percorso di consapevolezza e di comprensione profonda della sofferenza, lungo il quale la figura dell’altro rimane essenziale per poter uscire dal cerchio vizioso che gira soltanto nel raggio tra la morte e la vita.
Oggigiorno il processo di “incivilimento” dell’individuo impone meno inibizioni e restrizioni della libido, quindi possiamo dire che “il dislocamento delle mete pulsionali” (7) potrebbe risultare molto più facile rispetto ai primi anni di forte repressione sociale, religiosa e sessuale del novecento. La realtà invece contraddice queste aspettative ottimistiche.
Raggiungere il sublime attraverso l’elevazione morale e spirituale sembra a non preoccupare più l’uomo del terzo millennio, molto più preso dalla carriera professionale, dalle necessità di sopravvivenza, dalla realizzazione materialistica: casa, macchina, hobby o dal conseguimento del piacere immediato.
Le pulsioni primarie tornano a riprendere intensità per la maggioranza inebriata dal consumismo e dal miraggio tecnologico. I pochi rimasti sul sentiero della ricerca di sé sono sempre più sperduti. Ma il mio cuore batte per loro.
Note:
(1) Freud Sigmund. Al di là del principio del piacere. Bollati Boringhieri, Kindle Edition.
(2) Idem, location 632.
(3) Idem, location 688, 697.
(4) Freud, Sigmund. L’Io e l’Es, Bollati Boringhieri, p.68.
(5) Freud, Sigmund. Opere vol. 10 1917-1923: Inibizione, sintomo e angoscia e altri scritti (Italian Edition). Il disagio della civiltà. Bollati Boringhieri. Kindle Edition, location 8376.
(6)http://www.rivistapsicologianalitica.it/v2/pdf2/36_1987_presenza_inquieta/cap14_opin1.pdf
(7) Freud, Sigmund. Opere vol. 10 1917-1923: Inibizione, sintomo e angoscia e altri scritti (Italian Edition). Il disagio della civiltà. Bollati Boringhieri. Kindle Edition.
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