La rabbia nasce e si potenzia lì dove scarseggiano i pensieri e le parole. Schiumare di rabbia ci ricorda l’animale dentro di noi, l’animale che ignora l’educazione, la civiltà, la bestia che ama soltanto sbranare i suoi nemici. Un animale che non va disprezzato e nemmeno represso, ma rispettato per la sua forza e domato con la potenza del guerriero che distingue la minaccia fisica reale dall’intimidazione del capo d’ufficio. La rabbia è potente, impressionante e genera un’energia unica. Dipende però dall’uso che se ne fa. Ci dona la forza per cambiare il mondo. Oppure ci macina i fegati e ci spinge verso l’alcol e la dissoluzione.
La rabbia e la psicologia
Un Bambino arrabbiato abituato ad esprimersi attraverso la rabbia renderà l’individuo un eterno scontroso, collerico, insopportabile e autodistruttivo. Sarà difficile spiegare a quel Bambino che la rabbia dell’adulto di oggi è ormai inutile e dannosa, lui si arrabbierà lo stesso convinto che l’oggi sia uguale al suo traumatico ieri. Ci vuole come sempre un Genitore accogliente e pieno di comprensione per calmare quell’ira mai sfoggiata contro i reali abusanti. La psicoterapia fa miracoli qui.
C’era una volta un Freud che parlava dell’aggressività innata dell’uomo, come originaria dalla sua natura animale. Poi venne Kohut e parlò piuttosto della reazione aggressiva, vista come risposta ad un torto subito. In una prospettiva più ampia, entrambi hanno ragione.
Nella visione del corpo – membrana la rabbia è la tensione che indurisce la superficie esterna e la sporge verso l’attacco dell’aggressore. Il principio è semplice: stimolo irritante – risposta corporea. Il sangue inizia a scorrere velocemente pompato dal cuore accelerato, mentre tutti i muscoli si irrigidiscono pronti all’azione. La mente – scimmia invece cosa fa? Analizza la situazione presente e segnala qual è la mossa più appropriata da fare? Assolutamente no. Va invece a rafforzare il ricordo delle offese passate e incita l’animale infuriato alla più violenta reazione possibile ignorando completamente il contesto.
Di conseguenza il dipendente umiliato lancia il suo caffè bollente sulla camicia del capo senza pensare più allo stipendio e al giorno dopo. Più ricordi frustranti sono stati registrati dalla mente, più forte sarà la rabbia e la risposta aggressiva. Il gioco implica una lunga e paziente raccolta di punti bonus di frustrazione che “giustificherà” poi la fremente rabbia nel momento dell’esplosione. Alla prima occasione più bollente, il Bambino infuriato prenderà il sopravvento sul povero Adulto coscienzioso e sul Genitore previdente, buttando all’aria il lavoro e la tranquillità finanziaria.
La consapevolezza scioglie la rabbia
Poi c’è la rabbia di chi è stanco di arrabbiarsi. Dopo una vita di frustrazioni ripetute e mai sfogate, un tipo riflessivo arriva prima o poi a capire che la rabbia nella società civile non ha mai alcuna utilità benefica. E allora, invece di arrabbiarsi per l’ennesima volta con il capo, con la moglie, con il vicino di casa, inizia a ricorrere alle parole, all’ironia o persino all’indifferenza.
Non è una cosa istantanea, si impara a cambiare la reazione con il tempo in seguito all’auto osservazione e qualche volta dopo aver subito le conseguenze delle varie sfuriate. Spesso la vitalità corporea ne risente tantissimo dalla repressione della rabbia e ha bisogno di uno sfogo concreto. L’esercizio fisico è ottimo. Solo la tranquillità del corpo può dare spazio alla riflessione mentale. In questo modo l’inganno della mente che finora si è divertita ad istigare alla reattività aggressiva può essere finalmente scoperto.
La rabbia diabolica
La furbizia della scimmia che si trova nella nostra testa e si diverte facendoci scambiare il passato con il presente è davvero diabolica. Ma ancor più diabolico è il fatto che la rabbia ha la capacità di autoalimentarsi. Una volta imparato il modello aggressivo di risposta, l’energia reattiva aumenterà sempre di più a prescindere dallo stimolo iniziale. Si sa che il collerico possa andare in incandescenza per i motivi più futili. Alla più piccola irritazione, la sua reazione sarà ormai spropositata.
Come se in questa situazione intervenisse un altro tipo di aggressività, non più quella focosa della bestia provocata, ma un’aggressività fredda, meccanica, distaccata dal pathos umano, quella botta-e-risposta. Freud parlava di un disimpasto pulsionale e questa spiegazione rende benissimo ciò che accade. L’uomo cede il controllo dei propri vissuti ad un meccanismo automatico che si innesca indipendentemente ormai dalla valutazione e dalla decisione umana.
Qui c’è il punto di rottura in cui si inizia a parlare dell’autodistruzione. Nel momento in cui l’uomo si arrende all’automatismo abitudinario, le sue emozioni difensive degenerano in un circolo vizioso sempre più breve fino all’incontro fatale in cui la bocca del serpente uroborico ingurgita la sua coda.
La sublimazione energetica della rabbia
Quindi, che vogliamo fare? Arrabbiarci perennemente e inutilmente sapendo che la distruzione fisica non riporta indietro alcuna perdita di dignità? Un Ego illuso farà comunella con la mente scimmia e insieme ci condurranno verso l’abisso. Un Genitore presente e premuroso costruito ogni giorno dentro di sé con la tenacia di chi scala le montagne verso la luce ci porterà verso la sublimazione. Che cosa sarebbe? Si tratta della mirifica trasformazione della rabbia in una fonte di energia potente da usare in una direzione benefica.
È l’accavalcare dell’onda apparentemente indomabile di un’emozione primaria per dirigerla verso un’aspirazione più alta, che trascenda la conflittualità di chi ha tempo e energia da perdere invano. È quel momento in cui decidi che non ha più senso di prendertela con chi non potrebbe mai restituire nulla e vai a cambiare piuttosto la tua realtà.
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