L’epoca del “Io penso positivo perché son vivo, son vivo…” è fortunatamente passata. La scoperta della forza straordinaria del pensiero positivo ha dovuto inizialmente confrontarsi con la caratteristica principale dell’approccio tipico del Bambino: l’onnipotenza. Si è creduto per molto tempo che bastasse “pensare positivo” per eliminare tutti i problemi dell’uomo.
La PNL ne ha fatto uno sfruttamento spettacolare, come d’altronde la Scientology e molte altre correnti di pensiero miracoloso e miracolante. E invece pensare positivo non basta. Il mondo non si è riempito di supereroi e la letteratura immensa su questo tema si è trasformata in un mucchio di carta inutile, facilmente accessibile su internet su tutti i siti di e-book gratuiti.
Come mai?
Con la maturazione della giovane umanità più Adulta, ma non troppo direi, si è compreso che la semplice manipolazione del pensiero superficiale non andava a modificare altrettanto i contenuti più profondi, emotivi ed energetici. Come il vecchio Freud insegna, ogni rimozione ha i suoi prezzi inevitabili, lo sporco nascosto sotto il tappetto resta comunque come avvallamento pericoloso in cui si può inciampare in ogni momento.
La stimolazione delirante dell’onnipotenza infantile ha reso i poveri umani alla ricerca della pace delle rane egoiche super infiammate, nella cui mente la lastra del pensiero positivo non riusciva più a coprire i vissuti di odio, rancore, amarezza e di delusione. Purtroppo è stato necessario ritornare di nuovo nello studio dello psicoterapeuta per elaborare alla vecchia pallosa maniera ogni singolo trauma.
La mente cosciente può gestire soltanto un sottilissimo strato di pensieri già scollegati dalle emozioni correlate, resi astratti attraverso la generalizzazione, cioè l’eliminazione della soggettività implicita. Il resto è assolutamente inaccessibile alla mente, di per sé molto stretta e limitata. Questo è dovuto al filtro della paura che origina ed accompagna il processo mentale e la capacità cognitiva. La mente è come una valvola virtuale formatasi per attutire l’impatto troppo duro del giovane Io con il mondo esperienziale. Senza un’elaborazione adeguata, “positivante”, che renda il vissuto accettabile dalla mente, e quindi dal piccolo Io impaurito ad essa sottostante, le esperienze restano fuori dalla coscienza continuando a dare tormenti e a negativizzare tutto il nostro tentativo di “pensare positivo”.
In che consiste effettivamente questa elaborazione?
E qui entra in scena la dinamica tra gli stati dell’Io. Un pensiero negativo non può essere eliminato tout court o trasformato in pensiero positivo, perché dietro ad ogni pensiero si trovano vissuti complessi fatti da emozioni, sensazioni, sogni, desideri, fantasie, percezioni, ecc., che vanno riconosciuti e ricollocati nella dimensione temporale e concettuale idonea. Il Bambino va sollevato da responsabilità inappropriate, riaccompagnato alla sua fonte di dolore, aiutato a guardare il passato con gli occhi del presente, confortato da un Genitore affettivo e protettivo che va riattivato e rinforzato.
Sono tutti dei passaggi molto delicati da effettuare in una stanza intima e al riparo. Una volta decontaminati gli stati dell’Io, i pensieri riacquistano la maturità dell’Adulto, il quale riprende il suo incarico naturale e riassesta i contenuti mentali in un’ottica funzionale, positiva. La mente li riprende naturalmente e li ordina nella sua rete cognitiva, mentre la coscienza si arricchisce di valori esistenziali, rinsaldando l’identità su una base più robusta di assunti.
Quindi, come si fa a “pensare positivo”?
Cambiando prospettiva, avvicinandosi alla fonte del dolore e riappropriandosi della sensibilità perduta. Smettendo di scappare dalle proprie zone di “negatività”, riconoscendo e accettando le mancanze e i difetti grazie al vigore generato dalla consapevolezza dei propri punti di forza. Considerando le situazioni in base al contesto e non secondo le proprie interpretazioni.
Ma soprattutto rinunciando all’ostilità di base che inquina oggi il percorso di vita umana e quindi, sostituendo la paranoia di fondo con la semplice reazione neutrale alle azioni altrettanto neutrali con le quali il mondo esperienziale ci stimola.
Commenti