Vuoi conoscerti, vuoi amarti così come sei, vuoi realizzarti come essere umano? Ecco la mia provocazione, dimmi come respiri per dirti chi sei.
Non è il mio intento di approfondire qui le tecniche di respirazione tramandate dalla spiritualità orientale, non sono affatto competente in materia. Mi limito soltanto ai suoi aspetti di tipo cognitivo. La via della conoscenza aprirà sicuramente le porte all’azione. Si tratta della via della mente, molto più lenta, anzi lentissima, spesso anche ingannevole, ma risulta estremamente sicura per chi non ha altre opzioni.
Respira, respira nell’aria, non aver paura di preoccuparti
Breathe, breathe in the air, don’t be afraid to care. (Pink Floyd)
La respirazione diventa in questa prospettiva soltanto un fermo invito all’osservazione consapevole del proprio respiro. Il più delle volte la respirazione è inconsapevole, e raramente ci si accorge dei suoi legami profondi con i nostri stati d’animo. In realtà, il suo ritmo segue fedelmente i nostri vissuti, fornendoci la giusta quantità di energia vitale necessaria in ogni istante.
La paura accorcia il respiro, mentre l’accettazione rilassata lo allunga e lo rende più profondo. La respirazione è un meccanismo naturale di scambio tra noi e l’ambiente. La lunghezza e la profondità del respiro diventa l’indice del nostro livello di integrazione nell’ambiente circostante.
Il respiro è strettamente collegato al qui e ora e le sue incongruenze con la situazione contestuale ci segnala che la nostra mente si è staccata dal presente. L’affanno dell’ansioso alimenta in vano delle paure inesistenti, l’apnea tronca la vita di fronte ad un pericolo inconscio, il tiro profondo del fumatore avvelena un rilassamento illusorio.
I principianti da poco arrivati sul cammino dell’autoconoscenza spesso rimangono sorpresi delle loro difficoltà di respiro, di quanto sia difficile allargare il torace e far entrare liberamente l’aria all’interno delle strette sacche polmonari. I fumatori invece riescono a mantenere questa forza di aspirazione grazie al fumo che introducono nel petto. Non sapendo però che stiano sacrificando il proprio stato di salute pur di avere la sensazione di pienezza e di libertà donata dall’ampio respiro.
Sulle ali del respiro volano le emozioni
Puoi essere nel tuo cuore se respiri senza affanno. Quando il respiro è affannoso, il pensiero è guidato dalla paura e dall’ansia… Respira profondamente e riportati nel tuo cuore. (Paul Ferrini)
L’ampiezza del nostro respiro rappresenta un indice perfetto sull’entità esatta della paura accumulata lungo la vita. La paura è la separazione, mentre il respiro è l’unione. Gli esercizi di respiro sono un ottimo modo per aiutare il corpo ad accogliere fisicamente le nostre paure inconsapevoli. Una volta contenute ed elaborate all’interno del corpo attraverso l’aumento della profondità di respiro, le paure possono risalire più facilmente nella superficie della coscienza.
Quindi seguire attentamente il flusso respiratorio vuol dire far spazio alla paura per conoscerla, contenerla e darle un significato. Controllando il proprio respiro si potranno dunque controllare con più facilità le paure. Il flusso d’aria diventa la paura stessa, e così come si può decidere di inspirare o meno, così si potrà scegliere di avere o no paura. A quel punto di autocontrollo le conoscenze preesistenti su di sé potranno finalmente includere e rivedere tutti quegli eventi che una volta ci hanno fatto togliere il fiato.
Inspirare ed espirare – dare e avere
Ogni inspirazione vuole dire un’accettazione di ciò che ci viene offerto, mentre ogni espirazione è l’eliminazione di ciò di cui non abbiamo più bisogno. L’attenzione su questi due momenti ci può fornire molti indizi su come siamo collegati al mondo esterno, su quanto siamo disposti a dare e a ricevere, su come lasciamo andare e su come accogliamo.
La superficialità del respiro ci indica un contatto formale con l’esterno, mentre un’inspirazione profonda mantenuta costantemente ci segnala una bella pace interiore. L’inspirazione breve parla di chi pensa di non meritarsi di più, mentre l’esalazione rumorosa parla di chi sbuffa stanco del suo dare troppo. L’aria può essere dominata dall’inspirazione asmatica violenta, corta, ma rigida, ma può essere anche sputata fuori dalla tosse con rabbia e aggressività. I polmoni sono l’Io fragile, spesso bambino, che rifiuta l’aria “cattiva” e non si sazia mai dell’aria perché priva d’amore.
Il prana o l’energia vitale
Il respiro è la vita delle creature, perciò è chiamato vita universale… In verità dal soffio vitale le creature nascono, in grazia del soffio vitale una volta generate si mantengono in vita, nel soffio vitale morendo ritornano. (Taittiriya Upanishad)
Nell’induismo il prana è l’energia vitale, o movimento costante (in sanscrito pra – costante, na – movimento) . Secondo la Taittiriya Upanishad il prana è l’energia dinamica aspirata che penetra nell’organismo attraverso i canali chiamati nadi e forma l’involucro sottile dei “soffi”. Il corpo sottile o l’involucro dei “soffi” riempie l’involucro del “cibo”, cioè il corpo sottile di materia organica, che “ha la forma dell’uomo”. Gli altri involucri o corpi sottili superiori al corpo dei soffi sono quello del pensiero, della conoscenza e l’involucro della beatitudine, tutti disposti in modo concentrico come delle matriosche.
Il prana è pura energia, non è l’aria e non è l’etere
In verità, il prana è il sole e la materia è la luna… Dal prana vennero fuori la fede, l’etere, il vento, la luce, le acque, la terra, i sensi, l’intelletto, il cibo. (Prasna Upanishad)
Nel suo libro sulla Scienza del pranayama Swami Sivananda, un importante maestro indiano di yoga, afferma che tutte le forze fisiche e mentali appartengono alla categoria del prana. Quindi il prana è una forma di energia e non una sostanza. Il prana determina il ciclo cardiaco, il ritmo del respiro, le funzioni fisiologiche involontari e volontari dell’organismo. Il controllo del corpo, del respiro e del pensiero riconducono al controllo del prana, cioè al pranayama.
Prana – ayama : espandere l’energia
Il pranayama è dunque il controllo del prana attraverso la respirazione. Attraverso le tre fasi, l’inspirazione, l’espirazione e la ritenzione del respiro, l’energia prana entrante si unisce all’energia apana uscente. Ogni fase corrisponde alla vibrazione sonora generata dall’intonazione di tre lettere: A, U e M, che corrispondono relativamente allo stato di veglia, sogno e sonno profondo. La sillaba OM riunisce quindi nella sua essenza vibratoria lo stato di coscienza che supporta contemporaneamente i tre stati che ora nell’uomo sono separati!
Fabio Milioni sintetizza magnificamente Gli Yoga Sutra di Patanjali ed estrae l’essenza del pranayama: Mediante il pranayama, che utilizza il controllo del respiro per agire sull’energia vitale, il prana, si perviene ad uno stato nel quale è possibile raggiungere l’immobilità del respiro stesso, senza danno per le funzioni vitali... In particolare il pranayama opera uno “svelamento”, ovvero “toglie il velo che oscura la Luce”. In tal modo apre la via che condurrà all’Illuminazione. L’immobilità del respiro stesso? Allora vediamo da vicino la pausa ritmica del respiro.
La pausa tra un respiro e l’altro è il ponte verso la realtà incorporea
Gli atti dell’inspirazione e dell’espirazione ci permettono di addentrarci profondamente nel corpo fisico, mentre gli intervalli di tempo che li separano ci danno la possibilità straordinaria di distaccarci in modo immaginario da esso. Così come il distacco richiesto dall’auto-osservazione ci rende lontani, quindi più lucidi rispetto alla nostra persona-maschera, così le pause dopo l’inspirazione e l’espirazione ci “allontanano” dalla nostra interiorità corporea.
In questo modo abbiamo l’occasione di “prenderci una pausa” dalla continuità del respiro fisiologico, rendendoci conto della separazione “aerea” tra il corpo fisico e ciò che siamo all’infuori di esso. La pausa deve essere regolata in modo naturale, spontaneo e mai forzata per troppi secondi con la cessazione volontaria del respiro.
La dis-identificazione immaginaria con il corpo fisico non va intesa come una scissione concreta, ma come una possibilità di esplorare e di conoscere le nostre parti costituenti, il loro confinamento e i loro collegamenti. Si tratta di una comprensione consapevole, cioè assistita dalla mente sveglia, di una possibile esistenza non fisica nella quale l’uomo dovrebbe addentrarsi insieme alla sua razionalità.
La pausa quantica – la connessione con il punto d’origine
La tecnica di respirazione chiamata pausa quantica illustra benissimo il senso del focus distaccato di cui ne parlavamo prima, equilibrando in un ritmo di tempi uguali i quattro momenti chiave della respirazione: inspirazione, pausa, espirazione, pausa.
La pausa quantica inserisce le pause tra l’inspirazione e l’espirazione per permettere l’elaborazione consapevole del flusso energetico stimolato dalla respirazione. Le pause consentono una permanenza solida sul piano fisico pur costruendo un ponte verso l’espansione graduale, controllata della coscienza. Inspirazione dal naso 1-2-3-4, pausa 1-2-3-4, espirazione attraverso la bocca 1-2-3-4, pausa 1-2-3-4. Questa tecnica non richiede alcuna concentrazione mentale, basta stabilire all’inizio un intento, dichiarato in modo determinato e chiaro, per poi procedere con la semplice respirazione priva di qualsiasi sforzo mentale o immaginativo.
La pratica costante di questa tecnica conduce non solo all’aumento della capacità di rilassamento e di riflessione, ma offre soprattutto un senso di centratura straordinario. Apparentemente i cambiamenti sono quasi impercettibili, ma a lungo andare si constata un senso di sé più stabile, più sicuro, collocato indistintamente in un punto centrale e appositamente assegnato. E’ la sensazione del profondo inserimento in una rete generatrice e primordiale, di cui ci si sente uno dei tantissimi nodi, ma un nodo ben preciso, saldo ed essenziale.
La respirazione circolare – tempesta ininterrotta di emozioni
La respirazione circolare senza alcuna pausa favorisce invece la piena emersione spontanea degli stati sensibili di coscienza attraverso la respirazione continua, appunto circolare. Il respiro ininterrotto dona l’iniezione di intensa vitalità adatta soltanto a chi ha già imparato ad auto conoscersi e autogestirsi. Inspiro – espiro, niente pause, nessuno spazio per i pensieri, nessun secondo di interferenza mentale, flusso continuo di sensazioni veloci, di emozioni sorte da ogni angolo.
Il rebirthting proposto da Leonard Orr è una modalità di respirazione circolare che utilizza l’aria per accedere energeticamente al momento della nascita, cioè al primo impatto con l’energia vitale fornita dalla respirazione. Collegandosi intuitivamente alla fonte di energia, l’individuo ripristina il flusso naturale del respiro, inteso come il nutrimento vitale necessario all’espansione della propria coscienza. Il rebirthing è una pratica complessa e va eseguita non solo con l’aiuto dei relativi facilitatori, ma soprattutto con l’ausilio di un Io ben consolidato da una buona conoscenza di sé.
Anche la respirazione olotropica di Stanislav Grof parte dalla respirazione circolare e si aggiunge allo stesso intento di immersione attraverso il respiro nel mondo trans personale, dal quale trarre l’energia necessaria all’autoguarigione sottile.
Entrambe tipologie di respirazione circolare, sia il rebirthing, che la respirazione olotropica, richiedono uno stato dell’Io Adulto ben consolidato, una gestione consapevole delle proprie emozioni, solitamente rafforzata dalla presenza dell’assistente.
Per penetrare in piena sicurezza e consapevolezza i più lontani ricordi, bisogna essere fortemente fissati al proprio centro di origine. La respirazione rappresenta il collegamento intimo con il nostro punto di origine, con la nostra essenza. Saper respirare vuol dire dunque ritrovarsi.
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