In questo articolo, esplorerò le informazioni disponibili online e nei libri più importanti per dimostrare che le origini del Reiki risalgono a un’antica fonte di conoscenze inestimabili, al di là delle moderne interpretazioni new age.
Il Reiki si presenta come un metodo di guarigione e di autoguarigione energetica attraverso l’imposizione delle mani, appreso unicamente in seguito a delle specifiche iniziazioni di tradizione buddista.
Nell’Occidente dominato dal pensiero positivista e dal materialismo dogmatico, il reiki ha attratto milioni di persone insoddisfatte dalle risposte che la loro società offre in riferimento alla salute e alla spiritualità.
L’eclatante successo del reiki, ma anche della spiritualità fucsia della corrente new age purtroppo, parla dell’insofferenza crescente verso il materialismo sterile della nostra medicina, nonché dell’ostinazione della religione cristiana occidentale di trascurare il profondo bisogno spirituale dell’individuo moderno.
La proposta del reiki risultò talmente allettante per l’individuo occidentale da rendere inevitabile la sua dissoluzione nella marea di scandali e di abusi dovuti all’avidità dei numerosissimi maestri spuntati come i funghi.
Il new age segnò la perdizione del reiki, che fu invaso dai vaghi concetti sull’energia universale con i suoi raggi colorati, dalla spiritualità rivolta alle entità luminose di dubbia provenienza e dallo sfruttamento spregiudicato dei suoi valori, prestati come base per una spiritualità superficiale e lontana dalla razionalità responsabile.
Bisogna riconoscere però che il reiki, e soprattutto il concetto di potere spirituale o di energia universale vitale non fu ben definito sin dall’inizio da chi lo portò dall’oriente per la prima volta, il che fa supporre che le sue radici siano ancor oggi non molto chiare, mal rivelate o addirittura sconosciute da chi lo pratica.
Il Reiki fu portato nell’occidente da Hawayo Takata, una signora di origini giapponesi stabilita a Hawai. In seguito ad un viaggio in Giappone per un intervento medico, Takata conobbe e sperimentò questa tecnica che portò a casa nel 1938, in seguito al conseguimento del livello master. Grazie a lei il reiki conobbe una diffusione impressionante nell’occidente, forse per la sua semplicità unita all’intento di natura spirituale non collegabile ad alcuna religione.
Non si è certi sulla reale comprensione del reiki da parte della Takata, in quanto le sue interpretazioni del significato dell’energia vitale universale sono ancor oggi poco chiare. Desta confusione anche l’inspiegabile associazione dei due kanji (ideogrammi) di origine diversa: rei, spirito, anima, divinità – kanji giapponese, e ki – energia vitale individuale, kanji cinese con altri numerosi significati. (1)
L’obiettivo del reiki è la guarigione psicofisica e spirituale, raggiungibile attraverso un sistema di iniziazioni basate sui determinati rituali che permettono l’accesso alla capacità di canalizzare e di trasmettere l’energia vitale universale rei.
Quindi il reiki è una pratica di guarigione che utilizza un’energia vitale, ma anche spirituale, ciò che presume il contatto con un’entità spirituale, un dio o una divinità. Separiamo la doppia natura del reiki = pratica + contatto spirituale, e per comprendere meglio la prima, cioè la tecnica di utilizzo dell’energia, andiamo ad approfondire invece la seconda.
Chi è la divinità all’origine del reiki? Con chi ci si canalizza durante le iniziazioni? Da dove arriva quest’energia?
Il famoso fondatore del reiki fu Mikao Usui, un monaco buddista nato nel 1865 in una provincia del Giappone. La sua biografia è facilmente reperibile in rete. Mi soffermerò soltanto sui dettagli che completeranno la comprensione esatta di cosa sia il reiki e da dove tragga la sua origine.
Il dott. Mikao Usui ebbe una vita travagliata e svolse innumerevoli lavori. Da piccolo studiò in un monastero di buddismo Tendai, dove studiò kiko, la versione giapponese del Qi Gong, in un tempio buddhista Tendai sul famosissimo monte sacro Kurama sede del tempio Kurama – dera. (2)
Qi Gong è un’antica pratica cinese per il benessere fisico e mentale e il suo nome deriva da ki – energia vitale o prana nella tradizione indiana o pneuma per gli antichi greci, e gong – lavoro meritevole. Il controllo del ki avviene tramite la respirazione, la visualizzazione e la concentrazione, tenendo conto delle conoscenze sui canali energetici della medicina tradizionale cinese.
Da menzionare che il Qi Gong medico comprende le tecniche terapeutiche, mentre il Qi Gong buddhista riguarda l’elevamento spirituale del praticante. Il kiko Qi Gong è una disciplina bioenergetica cinese che convoglia l’energia vitale in un percorso di sintonizzazione tra l’interiorità e il corpo fisico, attraverso i movimenti, il respiro e la concentrazione dei pensieri. (3)
La condizione di base da ricercarsi nella pratica del Qigong è quella in cui il Qi possa fluire liberamente e in maniera armonica ed equilibrata all’interno del sistema energetico umano. Lo scopo principale della pratica del Qigong si può definire dunque come la ricerca o il mantenimento dell’equilibrio energetico nella persona. (4)
Per WAI QIGONG si intende invece un insieme di pratiche di riequilibrio energetico nelle quali un operatore interviene su un ricevente con delle tecniche apposite per ristabilirne l’equilibrio energetico, sciogliere eventuali ristagni, ecc. Le tecniche utilizzate nella pratica del Wai Qi Liao Fa non sono invasive, al contrario spesso sono praticate senza nemmeno il contatto fisico: l’operatore emette il Qi, lo incrementa e lo muove intorno e all’interno del campo energetico del ricevente.
La somiglianza con la pratica reiki è sbalorditiva.
Notiamo che la possibilità di emettere il Qi è frutto di un grande lavoro da parte dell’operatore per acquisire le conoscenze e le capacità per svolgere questo tipo di intervento. Il reiki richiede altrettanto un lungo e profondo lavoro su di sé.
Sul pdf pubblicato si legge ancora:
L’operatore innanzitutto coltiva il suo livello di energia interna attraverso la pratica del Nei Qigong, per poi essere in grado di padroneggiare il Qi e di trasmetterlo. Questa precisazione è importante ai giorni nostri, dal momento che a causa del movimento New age, molte persone asseriscono di effettuare trattamenti energetici fondati su un’idea distorta o molto superficiale dell’energia vitale e della sua trasmissione, piuttosto che su una comprensione profonda frutto di una pratica seria e costante. Il Reiki tradizionale giapponese ad esempio (non la versione New age), è da considerarsi una forma di Wai Qi Liao Fa (ma anche di Nei Qigong), riproposta in un contesto culturale giapponese e con elementi propri di tale cultura, ma contenente al suo interno principi identici alla disciplina cinese tali da evidenziarne chiaramente la discendenza.” (5)
Sia il shamanesimo, il taoismo e il qi gong operano sull’energia vitale qi, che rappresenta una fonte di energia individuale ed esauribile. Usui invece va oltre ed aspira ad una fonte di energia universale per poter eliminare questo inconveniente e raggiungere una guarigione senza alcun danno da parte dell’operatore.
Nel periodo in cui Mikao Usui fonda il reiki, cioè negli anni venti del secolo scorso, il Giappone conosceva un fermento spirituale considerevole con la nascita di associazioni, sette e gruppi religiosi focalizzati sulla pranoterapia: L’associazione per lo studio del trattamento con le mani, La Società del corpo umano radiante o la Tecnica curativa della luce purpurea (!!!) (6)
Due delle sette religiose centrate sulla pranoterapia, Maki Hari e Johrei, adottano proprio lo stesso simbolo per il livello master adottato di Usui! Tra le schede di movimenti religiosi pubblicate sul sito http://www.sosantiplagio.eu/ si ritrova anche quella dell’Associazione Johrei d’Italia (Sekai, Kyusei Kyo). Qui risulta come fondatore dell’associazione il signor Mokichi Okada (1882 – 1955), conosciuto anche con il titolo onorifico Il Signore della luce (Meishu Sama). (7) Il rituale di guarigione Johrei pretinde di usare la luce divina per pulire i blocchi fisici, emotivi e mentali delle persone. Okada ebbe la “rivelazione” nel 1926, quindi quattro anni dopo l’apertura della scuola di Usui chiamata Reiki Ryoho Gakkai. Interessante.
Di quale luce divina si tratta e in che consiste questa rivelazione?
Ricordiamoci che sempre nel 1926 avvenne anche la morte di Usui, quando un altro suo allievo, Chujiro Hayashi, lasciò la scuola per fondare una sua associazione per proporre una tecnica più semplice, racchiusa in un sistema più codificato. Hayashi fu il maestro della signora di Hawai, Havawo Takata, la quale portò proprio questa tecnica semplificata nell’occidente. (8)
Insomma, negli anni venti del secolo scorso l’estensione della tecnica di guarigione con la luce era in atto.
Tornando da Okada Mokichi, il maestro Johrei, sempre nella Wikipedia scopriamo che fu l’ispiratore della scuola di Ikebana e istituì anche il sistema agricolo “nature farming”, che scoraggiava l’utilizzo dei fertilizzanti. Collegato all’agricoltura naturale è il nome di Fukuoka Masanobu (1913 – 2008), il grande agronomo che ha messo le basi del metodo agricolo di produzione do – nothing farming con gli sviluppi occidentali della permacultura e dell’agricoltura sinergica. Cosa hanno tutti questi personaggi in comune? La prefettura di Gifu, cioè la zona in cui è nato Mikao Usui e dove ha studiato Fukuoka, vicino alla città di Nagoya. Coincidenze?
Oltre l’antica radice shinto e bukkyo (il buddismo giapponese), ciò che contraddistingue il kiko quigong, il reiki, il johrei, maki hari e gli altri movimenti spirituali pranoterapeutici di questo fertilissimo periodo è la cura con la luce, cioè l’utilizzo dell’energia, attraverso l’imposizione delle mani. (9)
Il reiki utilizza sia l’energia vitale individuale chiamata ki sia l’energia universale chiamata rei.
Se per quanto riguarda l’energia ki la sua fonte risulti il corpo umano stesso, nel caso dell’energia universale le cose si complicano.
Riprendendo la storia della sua vita, nel 1869 Mikao Usui, discendente da una famiglia di samurai, inizia i suoi studi in un tempio buddhista Tendai. Secondo gli autori di Il libro completo dello Spirito del Reiki, questo tempio si trova sul monte Kura yama o Kurama – yama.
Qui Usui impara le arti marziali, la medicina e la teologia buddista, nonché l’arte della divinazione giapponese. (10)
Tra i lunghi viaggi e varie esperienze lavorative, Usui si avvicina anche ad un gruppo esoterico interessato allo spiritismo chiamato Rei Jiutu Ka, anch’esso collocato sul Monte Kurama. (11) Ci viene anche riferito che rei jyutu ka vuole dire persone che hanno abilità spirituali. (12)
Praticamente Usui non si fa mancare niente.
Dunque il Monte Kurama, un importante centro spirituale giapponese, gioca un ruolo fondamentale nella formazione di Usui, la quale spazia ampiamente tra le pratiche religiose ed esoteriche presenti ai suoi tempi in Giappone.
Su questo monte Usui si reca nel tentativo di raggiungere An-Shin Ritsu – mei, uno stato speciale di coscienza praticato dalla meditazione zazen. (13) Dopo 21 giorni di digiuno e meditazione sotto una cascata del posto, Usui raggiunge questo stato di illuminazione, An-shin Ritsu-mei. Il ventunesimo giorno gli apparve Avalokitesvara, il Bodhisattva – l’essere illuminato che ha esaurito il suo ciclo delle sue esistenze terrene – dell’amore, della guarigione e della compassione, di cui Dalai Lama è l’incarnazione, che lo istruì e lo iniziò al Reiki. (14)
Ma chi è Avalokitesvara? Il Signore Supremo, Creatore e Signore del Mondo, colui che “guarda dall’altro in basso il suono”. (15)
Il capitolo XXV del Sutra del loto (la parola sutra viene dal sanscrito filo da cucire, aforisma, breve frase) è straordinario e merita di essere riportato in buona parte: (16)
Onorato dal mondo, per quale motivo Avalokiteshvara, il Bodhisattva Percettore dei suoni del mondo è chiamato in questo modo? Il Budda allora rispose così: Il suo nome deriva da ciò. Chiunque lo invochi si libererà all’istante dalle sofferenze perché lui è in grado di annullare i dolori dell’esistenza. Se entrerai in un grande fuoco e invocherai il suo nome, le fiamme non potranno bruciarti. Se entrerai in una grande piena troverai immediatamente un luogo dove toccare terra. Se insieme ad altri mille uomini ti avventurerai su una nave nel grande mare per cercare un tesoro, qualora un vento impetuoso spingesse la nave fuori rotta conducendola nella terra dei demoni rakshasa, se invocherai il suo nome queste persone verrebbero liberate. Se verrai aggredito, spade e bastoni non potrebbero ferirti. Se milioni di demoni tentassero di tormentarti o di assalirti, udendo il nome di Avalokiteshvara non saranno più in grado di vederti né di farti del male. Se tu, colpevole o innocente, fossi imprigionato in una cella o incatenato le tue catene si spezzeranno e riacquisterai la libertà. Chi è dominato da passione, collera, o ignoranza, si libererà da queste condizioni. Se una donna desidera un maschio o una femmina, invocando il suo nome, il figlio o la figlia nasceranno ricchi di virtù, meriti e saggezza. Egli può donare il coraggio a chi si trovi in circostanze terribili. Se qualcuno cercherà di farti del male con malefici e erbe velenose, pensa al potere di Avalokiteshvara e le maledizioni ricadranno su chi le ha lanciate. Se animali feroci dovessero circondarti pensa al potere di Avalokiteshvara ed essi fuggiranno atterriti. Se sarai inseguito da uomini malvagi che vorranno farti precipitare dalla montagna di diamante pensa al potere di Avalokiteshvara ed essi non potranno torcerti un capello. Abbracciare il nome di Avalokiteshvara e tributargli offerte anche per una sola volta significa accumulare fortuna incommensurabile e inesauribile. Egli può domare il fuoco e il vento della sfortuna e recare ovunque nel mondo la luce.
Impressionante. Impressionante davvero. Andiamo avanti.
Secondo questo studio (17), Avalokitesvara è un personaggio composito che rappresenta l’intero aspetto bodhisattva del Buddha kyākyamuni. Nel Sutra del Cuore Avalokitesvara si riferisce al Buddha in divenire. Nella Porta Universale di Avalokitesvara Bodhisattva i poteri di Avalokitesvara si basano su quelli del Buddha e del suo aspetto bodhisattva, cioè quello della persona che, finito il suo ciclo di reincarnazioni, sceglie di rinunciare al nirvana e reincarnarsi di nuovo per dedicarsi ad aiutare gli altri esseri umani.
Sulla stessa linea, il seguente studio (18) associa le undici teste con le quali viene solitamente rappresentato Avalokitesvara con gli undici benefici o direzioni nella pratica dei brahmaviharas (le quattro virtù incommensurabili: l’amore o benevolenza, la compassione, la gioia empatica e l’equanimità), mentre la sua iconografia caratteristica della figura umana con le mille braccia deriva dalla storia del Buddha Dipamkara, che descrive praticamente il Sentiero del Bodhisattva.
Quindi, per comprendere ancor meglio chi sia Avalokitesvara e quanto valesse una sua iniziazione, bisogna sapere quali siano gli undici risultati benefici della pratica delle quattro virtù. Qui (19) sono spiegate così:
Monaci, ci si possono aspettare undici vantaggi dalla liberazione del cuore familiarizzando con pensieri di gentilezza amorevole, coltivando gentilezza amorevole, aumentando costantemente questi pensieri, considerando la gentilezza amorevole come un veicolo di espressione e anche come qualcosa prezioso, vivendo in conformità con questi pensieri, mettendo queste idee in pratica e consolidandole.
Brahmavihara
Quali sono questi undici vantaggi?
(i) Dorme comodamente.
(ii) Si sveglia comodamente.
(iii) Non ha dei sogni malefici.
(iv) È caro agli esseri umani.
(v) È caro agli esseri non umani.
(vi) I Deva lo proteggono.
(vii) Fuoco, veleno e spada non possono toccarlo.
(viii) La sua mente può concentrarsi rapidamente.
(ix) Il suo volto è sereno.
(x) Muore senza essere confuso nella mente.
(xi) Se non riesce a raggiungere la condizione di arahant (purezza) qui e ora, rinascerà nel mondo del divenire materiale.
Di nuovo, impressionante. Ma non è finita.
Ricapitolando, l’essere illuminato che ha percorso le vie delle virtù raggiungendo questi risultati, ha indicato a Usui come ottenere la guarigione. Da qui non sarebbe difficile dedurre che il reiki non sia altro che un percorso di guarigione – purificazione fisica e spirituale per raggiungere lo stato del Bodhisattva, cioè colui che ha superato “il dovere” della reincarnazione.
Da menzionare che Usui, prima di iniziare il ciclo meditativo di 21 giorni, comprese già che il segreto della guarigione si trovasse nel Sutra del Cuore. (20)
Ma che cos’è il Sutra del Cuore?
Il Sutra del cuore è una parte del Prajna paramita Sutra (Sutra della conoscenza trascendente), un testo fondamentale del buddismo Mahayana, il ramo del buddismo che esalta la superiorità della via di Bodhisattva. Usui non aveva ben chiaro in mente come interpretarlo correttamente ed è per questo motivo che si recò sulla montagna a digiunare e pregare affinché gli venga rivelato questo segreto.
Il Sutra del Cuore appartiene al canone della Perfezione della Saggezza ed è uno dei testi fondamentali di tutte le scuole zen. Risalente al primo secolo dopo Cristo, il testo racchiude l’insegnamento sulla dottrina del vuoto che il Bodhisattva Avalokitesvara trasmette al suo allievo, la chiave di accesso alla verità assoluta che apre le porte della propria divinità interiore.
Impressionante.
Quindi, esattamente come fece Usui, ci chiediamo: come avviene l’apertura del cuore, come viene sperimentata la verità nel cuore?
Secondo il Prajna paramita Sutra (Sutra della conoscenza trascendente), ci sono tre tipi di conoscenza: la prima modalità di conoscere è la conoscenza limitata ai sensi, cioè la conoscenza “sentita” (srutmaypanjna).
La seconda tappa avviene quando la mente va oltre la realtà dei sensi attraverso la contemplazione (chintanmaypanjna) grazie al seme del sutra lasciato a germogliare all’interno della mente con la pratica della meditazione.
Infine il cuore si apre al momento dovuto, quando la consapevolezza acquisita permette la sperimentazione dello spirito che si nasconde oltre la conoscenza (bhavanamaypanja). Praticamente l’ultima tappa rappresenta la rivelazione della verità, la quale dipende dalle qualità individuali del proprio cuore e che non avviene in un periodo di tempo prestabilito. (21)
A questo punto si rende obbligatoria la lettura del Sutra del Cuore (22):
Oh, Shariputra, la forma non è che vuoto, il vuoto non è che forma;
sutra del cuore, testi sacri, gironi.it
ciò che è forma è vuoto, ciò che è vuoto è forma;
lo stesso è per sensazione, percezione, discriminazione e coscienza.
Tutte le cose sono vuote apparizioni, Shariputra.
Non sono nate, non sono distrutte, non sono macchiate, non sono pure;
non aumentano e non decrescono.
Perciò nella vacuità non c’è forma né sensazione, né percezione, né discriminazione, né coscienza;
Non ci sono occhi né orecchie, naso, lingua, corpo, mente;
Non ci sono forma né suono, odore, gusto, tatto, oggetti;
né c’è un regno del vedere,
e così via fino ad arrivare a nessun regno della coscienza;
non vi è conoscenza, né ignoranza,
né fine della conoscenza, né fine dell’ignoranza,
e così via fino ad arrivare a né vecchiaia né morte;
né estinzione di vecchiaia e morte;
non c’è sofferenza, karma, estinzione, via;
non c’è saggezza né realizzazione.
Dal momento che non si ha nulla da conseguire, si è un bodhisattva.
Poiché ci si è interamente affidati alla prajna paramita,
la mente non conosce ostacoli;
dal momento che la mente non conosce ostacoli
non si conosce la paura, si è oltre il pensiero illusorio,
e si raggiunge il Nirvana.
Poiché tutti i Buddha
del passato, del presente e del futuro
si affidano interamente alla prajna paramita, conseguono la suprema illuminazione.
Sappi dunque che la prajna paramita è il grande mantra,
il mantra più alto,
il mantra supremo e incomparabile,
capace di placare ogni sofferenza.
Ciò è vero.
Non è falso.
Perciò io recito il mantra della prajna paramita,
Che dice:
Gate, gate, paragate, parasamgate, bodhi, svaha!
(andate, andate, andate insieme all’altra sponda, completamente sull’altra sponda, benvenuto risveglio!)
Senza parole. Impossibile non ricordare la via del Tao (23):
La Via è vuota, nonostante l’uso non si riempie mai.
Tao te ching, il libro della via e della virtù
Così come pensava Usui, il segreto della guarigione è qui, nel Sutra del Cuore, cioè nella comprensione definitiva della vacuità. Ovviamente non la vacuità nichilista della visione moderna occidentale che vede nel vuoto la mancanza assoluta, l’immobilità, l’indifferenza o la morte. La vacuità del Buddha annulla la divergenza e la sua estrema manifestazione, cioè la dualità. Nel vuoto dell’esistenza le possibilità diventano infinite e la contemplazione si estende in altre tante dimensioni. In questo vuoto c’è la forma potenziale e il suo contemporaneo discioglimento. Nulla c’è, ma tutto potrebbe essere. Qui avviene la così detta e tanto fraintesa unione degli opposti, in cui entrambi conservano la propria specificità, ma riescono ad unirsi nell’assenza vettoriale dell’intenzione e, quindi, della manifestazione.
Ma qual è la verità, che cos’è questo vuoto?
“Nessuno crea il vuoto. Il vuoto non è un oggetto di meditazione. È già lì ma non è stato sperimentato nel cuore. Quando l’essenza del vuoto (shunyata) viene sperimentata nel cuore attraverso la meditazione (cioè bhavanamayi-prajna), si sperimenta il vuoto nella forma (rupa), nelle sensazioni o nei sentimenti (vedana), nelle percezioni (samjna), nelle formazioni mentali (sankhara) e nella coscienza (vijnana ).” (24)
Il vuoto non va confuso con l’indifferenza o l’assenza. Il vuoto del cuore è lo spazio della possibilità infinita di pensieri, emozioni e azioni. Nel centro del suo cuore l’individuo non perde il suo Io, ma lo trascende.
La vacuità va intesa come il punto di energia zero della teoria quantistica dei campi? Il vuoto “pieno” di quell’energia oscura che riempie lo spazio e crea la forza antigravitazionale che spinge l’universo ad accelerare la sua espansione?
Questa ricerca della via reiki, la via dell’autoguarigione profonda della propria interiorità, continuerà con l’approfondimento delle iniziazioni e dei simboli reiki. Adesso concludo con una frase del Grande manuale del Reiki (25), che racchiude in modo ottimale tutto ciò che abbiamo menzionato finora:
La Leggenda di Usui è anch’essa un Mito che evidenzia che per raggiungere l’Illuminazione occorre ripercorrere le tappe archetipiche rappresentate dalla vita e dalle opere del Cristo e del Buddha. Solo attraverso la fusione e l’integrazione dentro di noi di queste due grandi figure spirituali possiamo attingere il bene supremo della Liberazione dall’Illusione.
U. Carmignani, A. Magnoni, S. Oggioni, Il grande manuale del Reiki
Note:
(1) http://www.nexusarcanum.it/2019/10/10/reiki-una-riflessione-critica/
(2) W. Lubeck, F. A. Petter, W. Lee Rand, Lo spirito del reiki. Il manuale completo, Ed. Mediteranee
(3) http://www.ruanboxing.org/kiko-qi_gong.html
(4) https://www.forzavitale.info/demo/wp-content/uploads/2017/12/TESI_QIQONG_LENZI.pdf
(5) idem
(6) https://www.reiki.org/articles/original-reiki-ideals
(7) https://it.qwe.wiki/wiki/Mokichi_Okada
(8) https://it.wikipedia.org/wiki/Reiki
(9) https://www.reikioriginale.com/it/diario/pagina-20190714.html,
(10) https://www.cesnur.org/ZZZ/r/reiki_01.htm
(11) https://www.thereikiguild.co.uk/topics/13-history-of-reiki
(12) https://www.reiki.org/articles/original-reiki-ideals
(13) https://www.meditazionezen.it/reiki/
(15) https://it.qwe.wiki/wiki/Avalokite%C5%9Bvara
(16) (https://www.centumcellae.it/wp-content/uploads/2020/04/il-sutra-del-loto.pdf)
(19) http://www.akincano.net/PDF/Brahmavihara.pdf
(20) https://www.reiki.it/le-origini-di-reiki-e-il-sutra-del-cuore
(22) https://www.gironi.it/testi-sacri/sutra-del-cuore.php
(23) Tao-te-ching, il libro della via e della virtù, p. 29.
(25) U. Carmignani, A. Magnoni, S. Oggioni, Il grande manuale del Reiki, Ed. L’Età dell’Acquario, p. 367.
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