Continuiamo il percorso di autoconoscenza seguendo il filo della crescita dell’Io. Come maturiamo interiormente, come si passa dal piacere immediato alla realtà progettata?
Abbiamo visto in dettaglio qui come avviene la formazione dell’Io attraverso la percezione, approfondendo la natura “elettrica” della nostra coscienza, polarizzata proprio come la membrana cellulare dagli stimoli che riceve.
Una volta compresa la natura originaria del nostro funzionamento psichico, basato sui semplici fenomeni elettrici e chimici che supportano come un bravo hardware la circolazione delle informazioni di tipo affettivo e cognitivo, avremo la meravigliosa possibilità di organizzare le informazioni ricevute a seconda della nostra volontà. Questo si chiama il libero arbitrio e l’autorealizzazione! Modestamente parlando.
In quanto ricercatori di ciò che siamo, non lasceremo così facilmente il signor Freud, il quale ha saputo spiegare minuziosamente il processo di crescita dell’Io attraverso i meccanismi conflittuali e pulsionali. Ricordiamoci che non si tratta di una lezione di psicologia, ma l’illustrazione pratica del modo in cui operano le istanze psichiche al nostro interno. Quindi, che siano i conflitti o le identificazioni alla base della formazione dell’Io, per chi ricerca dentro di sé rimane importante soltanto il come avviene tutto ciò.
Che cos’è il principio di realtà?
Il principio di realtà è un concetto freudiano molto semplice, ma di un’importanza fondamentale per la comprensione della propria interiorità, e soprattutto del modo errato in cui la maggioranza delle persone intende il significato della sofferenza. Sorprendente, no?
Il meccanismo è semplice. Che sia uno stimolo fisico o un’informazione psichica, lo stimolo esterno fa aumentare la tensione interna provocando il dispiacere, e la reazione immediata del sistema è di scaricarla. In seguito a innumerevoli scariche di questo tipo, impariamo che la sensazione di piacere è associata solitamente al rilassamento tensionale.
Tutto ciò che offre il piacere fisico e psichico immediato è collegato al relax. L’orgasmo ce lo insegna alla grande. Più intensa è la pressione provocata dallo stimolo, che ora sappiamo collegarla alla polarizzazione, più imperioso diventa il bisogno di scaricare la tensione.
Il loop dell’abitudine al piacere
Molto simile al funzionamento fisiologico, la scarica piacevole inizialmente necessaria per liberare un turbamento insopportabile, se viene ripetuta nel tempo può essere rinforzata e trasformata in una reazione consolidata e resa quasi automatica. Una volta impresso il loop di scarica nelle modalità abitudinarie di reazione, il piacere risentito diminuisce nella stessa proporzione in cui aumenta la frequenza delle scariche. Il piacere in questo caso non ha più la sua meravigliosa funzione nutriente e distensiva, ma diventa un fattore logorante della psiche, e conduce in extremis alla dissoluzione e la depravazione.
Indulgere nel piacere è l’inizio di tutti i mali.
seneca
Il principio di realtà arriva a sostituire l’insoddisfazione procurata dallo spegnimento del piacere immediato. Ma questo avviene solo nel momento in cui la coscienza abbia già acquisito degli elementi identificativi che permettano all’Io di reggere il rinvio del piacere. Ci vuole un bell’Io consapevole già del fatto che non godere subito non sarà la fine del mondo.
Il bisogno di identificazione è un argomento di profonda importanza e sul quale ci ritorneremo. Sapere chi tu sia e quali siano le tue risorse su cui poter contare, ti dona la forza per rinunciare ad una soddisfazione a portata di mano per ottenere un’altra ancor più intensa. È meglio un uovo oggi, che una gallina domani, o forse no?
Il piacere sano fortifica, il piacere dell’indugio distrugge
La saggezza tradizionale sa già che solo chiodo scaccia chiodo. Un qualsiasi piacere non potrà mai essere rifiutato senza avere la possibilità di sostituirlo con un altro, magari ancor più allettante. Anche per questo motivo le diete non funzionano, i fioretti neanche, e nemmeno le motivazioni stereotipate che invocano la forza di volontà.
Una valida motivazione può al massimo invocare un piacere maggiore raggiungibile grazie ad uno sforzo di volontà. Siamo esseri che vivono guidati dal piacere, cioè dallo stare bene, dalle cose che ci rendono felici e soddisfatti. Il piacere non va mai demonizzato, perché aiuta la crescita e dà il senso della nostra esistenza.
Il piacere dell’indugio invece è come una caramella troppo dolce nel momento in cui avresti voglia di qualcosa più intenso, diverso, più provocante. Non offre più quel rilassamento così benefico del piacere autentico, ma scivola sui sensi senza produrre alcun frutto. Il problema è come individuarlo e distinguerlo dal piacere benefico, collegato ai bisogni reali. Qual è la differenza tra il piacere sano e quello dell’indugio?
Credo ci sia dentro di noi una spia (la coscienza?), capace di dirci quando stiamo indugiando e quando no. Magari non funzionante sempre, soprattutto all’inizio del percorso di autoconoscenza. Ma la sensazione della sovrasaturazione dei sensi e delle ambizioni resta comunque riconoscibile e inconfondibile.
Il Genitore moralista vs il Bambino viziato
Osserviamo con attenzione le nostre vocine o tendenze interiori. L’ostacolo nel riconoscimento della propria tendenza all’indugio rimane il Genitore nella testa, il quale ormai sappiamo che culturalmente sarà stato abituato da secoli a combattere i vizi a prescindere dalla situazione. I giudizi genitoriali più spietati, spesso nemmeno attinenti alla situazione concreta, bastonano irrimediabilmente il Bambino interiore , il quale resterà sempre con il rammarico di non aver visto soddisfatti i suoi desideri. Spesso il monello dentro di noi troverà ancor più gusto a reagire in senso contrario. Ormai si sa che i divieti provochino l’effetto opposto.
Le cose più belle della vita o sono immorali, o sono illegali, oppure fanno ingrassare.
george bernard show
Secondo la sacra legge degli opposti, il divieto aggiungerà senza alcun dubbio all’indugiare nei piaceri vietati un piacere maggiore, che andrà a compensare magari la naturale riduzione dei piaceri già consumati, logorati e inutili.
Finché non si troverà interiormente una connessione tra i due, il Bambino trascinerà l’individuo nel baratro della lussuria, mentre il Genitore finirà per disperarsi, godendosi segretamente la conferma sulla sua pessima opinione sul Bambino. “Hai visto che avevo ragione?”… Come livello di crescita, sia il Genitore sia il Bambino stanno lì: il Bambino senza la sua soddisfazione sensoriale o egoica non tornerà facilmente a “ragionare”, mentre il Genitore senza un minimo segno di maturità da parte del Bambino, non calmerà la sua insita insicurezza ereditata. Entrambi dovranno scendere a patti.
La forza della realtà
Soltanto nel momento in cui l’apparato psichico matura e si rafforza, grazie alla cura genitoriale e all’assimilazione dei contenuti costruttivi, quando l’individuo imparerà ad apprezzarsi e auto proteggersi, solo allora potrà accedere ad un nuovo livello del principio di realtà. Il Genitore buono e affettuoso non si limita soltanto a prendersi cura, ma deve anche aprire la strada verso lo sforzo ed il coraggio.
Il principio della realtà chiama in causa l’ambiente esterno con le sue mete più appetibili e le sue future soddisfazioni più gradevoli, ma ad un livello più alto. La scarica immediata non offre più nulla in confronto alle promesse esibite dalle nuove relazioni portatrici di nuovi piaceri, più maturi e più ampi.
Agganciarsi alla realtà vuol dire rinunciare al passato ormai troppo stretto per addentrarsi in un presente più ricco, più promettente. La scarica viene ormai abbandonata e molto spesso questo stesso rinvio porta ad un nuovo piacere intrinseco. Per questo motivo i nuovi progetti, per quanto siano difficili e complicati, destano sempre l’entusiasmo, le nuove e difficili avventure profumano di vita, mentre le salite più ripide consolidano la forza e il coraggio personale. Il superamento delle difficoltà e la sfida all’ostacolo non sono altro che delle applicazioni del principio di realtà, l’unica guida autentica dell’uomo verso la vita.
Il bambino non vuole o non può crescere?
L’applicazione del principio di realtà richiede però i tempi giusti. Spesso pare una scelta obbligata per il bambino costretto a lasciare la culla della felicità eterna, assuefatto o “rinforzato” al godimento continuo, e qui mi viene in mente il collegamento con il consumismo patologico della società moderna. Quando qualcuno vede soddisfatti i suoi bisogni di crescita, naturalmente dovrebbe procedere alla ricerca di nuovi piaceri più lontani, ad un livello di sublimazione superiore.
L’individuo moderno invece non sembra nutrire più questo desiderio, continuando a indugiare negli stessi piaceri materialistici e sensoriali, ai quali magari cambia soltanto la forma. Il perché di questa involuzione? Per me può essere la scarsa offerta di prospettive da parte degli enti sociali, culturali e religiosi, che dovrebbero invitare lo spirito umano ad evolversi. Abbiamo invece una cultura priva di armonia e di bellezza, una religione priva di un’immagine di Dio connessa all’attuale sviluppo umano di coscienza.
La creatività è la condizione-chiave per il principio di realtà
Perché si instauri il piacere di realtà, oltre la maturazione assolutamente necessaria, l’individuo ha bisogno di un nuovo ambiente e, quindi, di nuove prospettive. Tutto ciò comporta la realizzazione di un atto di creazione, l’unica via per far innescare la crescita e l’abbandono delle vecchie fonti di piacere. Così come abbiamo già visto negli articoli precedenti sugli stati dell’Io, la capacità creativa appartiene soltanto al Bambino libero.
Il Bambino adattato, racchiuso nella gabbia dei divieti genitoriali, è morto dal punto di vista creativo, o ha una creatività impropria. Forse proprio qui si trova la difficoltà dell’individuo ad adottare il principio di realtà come via di evoluzione e di crescita. Il Bambino adattato, mutilato interiormente da pesanti ingiunzioni genitoriali, non ha il margine di libertà necessaria alla creazione di nuove prospettive. E proprio la mancanza di prospettive corrisponde alla chiusura forzata in un contenitore di coscienza obsoleto, il cui ambiente ormai diventato tossico, invita sempre al solito loop dell’indugio.
E qual è il modo migliore per togliere la libertà ad un Bambino, e implicitamente all’individuo? Farlo credere di vivere nella mancanza di risorse, rendergli difficile la possibilità di vivere in modo autosufficiente e trasformando la sua vita un’eterna paura di non sopravvivere autonomamente, imprigionarlo in una perpetua dipendenza economica. Ma questo un altro lungo divagare. Mi fermo qui.
Commenti