Ho iniziato a scrivere del percorso di autoconoscenza non perché avrei raggiunto chi sa che meta significativa, ma per lasciare delle piccole briciole lungo il mio cammino interiore. Guardando indietro dopo anni di autoriflessioni, mi pare di intravvedere un senso in tutta questa ricerca così piena di ostacoli, meandri, inversioni e ripide salite. Un senso ben collegato alla definizione del Sé, come ben compreso dai tanti più avanti di me, in ogni accezione della parola. Ma qui mi riferirò soltanto alla mia esperienza personale, nella speranza che le mie tortuosità interiori saranno illuminanti per chi muove i primi passi verso la conoscenza di sé.
La chiamata
Ci sono più cose nella vita di ogni uom o di quante ne ammettano le nostre teorie su di essa. Tutti, presto o tardi, abbiam o avuto la sensazione che qualcosa ci chiamasse a percorrere una certa strada. Alcuni di noi questo «qualcosa» lo ricordano come un momento preciso dell’infanzia, quando un bisogno pressante e improvviso, una fascinazione, un curioso insieme di circostanze, ci ha colpiti con la forza di un’annunciazione: Ecco quello che devo fare, ecco quello che devo avere. Ecco chi sono.
James hillman – il codice dell’anima
Ciò che mi ha determinato a intraprendere questa strada è stata una voce dentro di me che si ostinava continuamente a dirmi una specie di verità molto spesso ostile ai miei soliti pensieri e azioni. Una voce che oggi non la identifico affatto come il Genitore interiore, introiettato a sembianza dei miei reali genitori. Si tratta di una voce che solitamente dicono sia la coscienza, una voce neutra senza l’intento maldisposto nei miei confronti, ma soltanto intenzionata a mettermi di fronte alle mie responsabilità. Certo che inizialmente poteva confondersi con quella del mio Genitore interno, disprezzante il più delle volte, ma nei momenti più bui, in cui “vedevo” il mio Genitore gongolando per le mie disfatte, la voce onesta invece iniziò a distaccarsene chiaramente spingendomi a reagire in senso positivo.
All’inizio del mio “risveglio” non lo faceva con dei messaggi belli chiari, si limitava soltanto ad illuminare le mie iniziative benefiche con un entusiasmo particolare, un sentimento profondamente intenso di esuberanza ravvivante.
Possiamo chiamare questa voce come vogliamo, angelo, coscienza, luce, ecc., ma io credo sia proprio il nostro vero Sé, quel Sé Superiore, lontano e poco interessato delle nostre vicende quotidiane, che si manifesta nella nostra vita mettendo in luce il valore delle nostre azioni e pulsando intensamente nei momenti in cui riusciamo finalmente ad alzarci per tornare a volare.
Che cos’è in realtà il risveglio?
Che cos’è veramente questo risveglio? Se ne parla e soprattutto se ne straparla, senza una minima spiegazione un po’ più concreta sull’argomento. Lo so, i saggi dicono che l’uomo stia dormendo, ma quand’è che si sveglia e come se ne accorge? Partiamo dal fatto che tutti quanti siamo immersi in una bolla percettiva personale che include le nostre rappresentazioni mentali costituite a seconda del modo soggettivo di entrare in contatto con il mondo esterno.
Nessuno percepisce allo stesso modo, nonostante tutti avessimo la stessa struttura sensoriale di base, lo stesso tipo di elaborazione percettiva e probabilmente la stessa fonte di dati sulla realtà. La bolla media il nostro scambio di informazioni con l’ambiente esterno trattenendoci in una specie di incanto proprio grazie alla dualità della nostra percezione: la divisione mentale in buono e cattivo ci spinge ad evitare ciò che chiamiamo cattivo e quindi inseriamo nella bolla sostitutiva della realtà soltanto i suoi aspetti che siamo in grado di tollerare.
L’uscita dalla bolla incantata
Ebbene, secondo me questo risveglio dovrebbe essere proprio l’esplosione o comunque la frattura di questa bolla. Un evento di grande impatto all’inizio, che pone l’individuo di fronte alle sue paure e alle sue rigidità nell’accettare la realtà.
Ecco, potrei considerare il mio percorso di ritorno ai valori di base della mia coscienza come l’uscita da questa bolla virtuale della mente, un’evasione difficoltosa dal mondo sterile del raziocinio fine a sé stesso.
Ovviamente, quando ci si è dentro non si ha la minima consapevolezza di ciò, anzi, si è molto convinti di un funzionamento completo e autonomo. Ci sono delle spie accese, relazioni problematiche, vago senso di insoddisfazione, sbalzi di umore, problemi corporei, ma l’Ego difende premuroso qualsiasi tentativo di vedere oltre questi indizi. Avevo la percezione della separazione netta tra la mente e il cuore, ma credevo intimamente che l’avrei superata con l’abituarsi alla solita imitazione nevrotica delle emozioni e dei sentimenti autentici.
La rinascita
Nella maggior parte di noi il cambiamento, cioè il sospetto che la realtà non sia proprio così come la vediamo, viene innescato dalla sofferenza di una perdita che riverbera nella struttura profonda del proprio Sé. Prima o poi si arriva al momento della crisi identitaria che ci costringe a metterci in discussione e a voler buttare via tutto per iniziare da capo. Questa è la reazione che va verso un senso positivo. Perché in molti sono invece tentati dallo sbarazzarsi dal dolore dando le responsabilità agli altri o prendendo la strada dell’autodistruzione. In tutto ciò non saprei quale sia il contributo di quella voce luminosa che ci chiama verso l’autenticità.
In fin dei conti l’ultima decisione appartiene a noi, alla nostra aderenza alla verità che ci illumina interiormente. Certo è che rialzarsi e tornare a ciò che si è veramente richiedono poi un lavoro estenuante e continuo di intima ricerca basata su tentativi ed errori.
La ricostruzione dell’identità
Lentamente sono andata a ricostruire me stessa sin dalle fondamenta, partendo ogni giorno dalla domanda Chi sono Io? I primi passi sono terrificanti, perché vai a distruggere tutte le certezze, non tanto le tue, quanto quelle di chi ti sta accanto. Ti alzi dalla valle di lacrime con la spada in mano, spezzando il tuo finto personaggio eretto con tanto sforzo sul palco di un teatro pieno di spettatori per i quali in fondo non hai mai avuto tanta considerazione.
Vai a smontare quel buonismo al quale ti eri aggrappata per piacere a chi avrebbe potuto avere un valore per te, rendendoti conto che tutte le tue proiezioni avevano incontrato uno specchio torbido, incapace di riflettere la tua verità interiore. Però il momento più imbarazzante è quando scopri che nemmeno una buona parte delle tue proiezioni non fossero tanto limpide. E allora pesando il tuo cuore nella mano scegli di rinunciare a quel pezzo di vetro opaco, spesso di una persona amata, e vai a porre affidamento soltanto su ciò che vuoi avere dentro di te.
L’intenzionalità è la chiave della nuova vita
Questo è il secondo traguardo importante del cammino di ritorno a sé stessi. È il risveglio dell’intenzionalità, il momento in cui inizi ad esercitare la tua scelta consapevole dei valori che devono essere significativi per te, i mattoni della tua nuova identità. D’ora in poi tutto parte dalla domanda “Chi voglio essere?” e ogni scelta verrà condizionata dalla nuova visione su di sé. Qui ci vuole tanta pazienza e una chiara visione su di sé. Le vecchie credenze, i soliti schemi di pensiero, i comportamenti automatici vengono tutti smantellati. Ognuno ha i suoi modi per superare lo scoraggiamento, il mio è stato incamminarmi in un arduo percorso di studio, che non mi ha tolto il tempo e quindi la possibilità di riconsiderare i miei passi.
Da qui la salita diventa meno faticosa, perché ogni scelta porta con sé non solo rinunce, ma anche delle piccole soddisfazioni e rivincite. Rimasta senza le stampelle, realizzi che non hai più alcuna via di ripensamento e sei costretta ad andare avanti a qualsiasi costo. E il costo è sempre quello, la perdita della ribalta in cui eri soltanto una maschera applaudita per qualità inesistenti.
Vivere dal cuore
Ma qui devo testimoniare una mia grande scoperta: ogni piccola conquista autentica, ogni azione fatta dal profondo del cuore, scelta in modo autonomo, spontaneo, e spesso estremamente irrisoria per il tuo vecchio sistema di riferimento, irradia delle conseguenze inaspettate nella vita di tutti i giorni. Tutto ciò che viene fatto con la passione del cuore, con quell’entusiasmo inaccessibile ad una persona che finge di vivere, apre delle porte inattese che ti invitano ad andare avanti dicendoti che si tratta della strada giusta. Una strada in cui senti che i valori del tuo cuore si uniscono con ciò che ti dice la mente, ricongiunti in un’unica direzione, quella della verità su ciò che sei.
Le uniche deviazioni possono intervenire nei momenti di stanchezza, quando la solita mente pesante, negativa, impaurita prende di nuovo il sopravvento. Sono quei periodi no, in cui improvvisamente sembra che tutto vada a ritroso senza una chiara spiegazione. La stanchezza psichica è spesso collegata a quella del corpo, il quale chiede la sua dovuta attenzione. Ed ecco che impari piano piano ad integrare tutte le dimensioni identitarie, psichiche e corporee, in un’alternanza armonica di sincronismi che ti mostrano inequivocabilmente che fai parte di una realtà invisibile fatta di energie pulsatili.
Vivere nel flusso
Una volta entrata saldamente nel flusso invisibile di energie che ti portano verso ciò chi senti di essere veramente, tutto procede come una danza della vita in cui non hai altro da fare che lasciarti andare al suo ritmo. Le paure non sono altro che anticipazioni negative sottili di cui puoi fare a meno, pur conservando la precauzione adulta con la quale pianificare le tue prossime mosse.
Nasce anche un senso indefinibile di gratitudine verso quell’energia intuitiva che ti sorregge ad ogni passo, ma di cui non puoi parlare in modo convincente ad altri, perché il linguaggio della mente non contiene quel calore con il quale la si dovrebbe descrivere. Pazienza. La solitudine non è più un problema, non hai più bisogno di riempire i tuoi vuoti con le false presenze. Ti bastano pochi, ma vibranti, vivi. Perché l’unico specchio in cui vuoi rinfrangere la fiamma che coltivi nel tuo cuore non è più all’esterno, ma nella tua coscienza di te.
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