Se ne parla molto oggi, e tuttavia c’è qualcosa che ci sfugge sul reale significato dell’autostima.
Per comprendere il concetto dell’autostima bisogna prima approfondire il modo in cui ci rispecchiamo negli altri. La percezione che abbiamo di noi stessi deriva dai giudizi di valore che ci attribuiamo, e questi giudizi nascono dal confronto che facciamo tra il nostro sé reale e il nostro sé ideale. Il primo viene dato dal modo in cui agiamo effettivamente sul mondo, mentre il secondo sorge dall’idea che ci è stata inculcata dalle figure genitoriali su ciò che dovremmo essere.
Lungi da me copiare ciò che ho imparato dai libri di psicologia. Ciò che mi interessa qui invece è fare una riflessione più approfondita sulle origini dell’autostima.
Il Sé reale rappresenta ciò che effettivamente realizzo, la mia presa sul mondo, come avrebbe detto un immenso Merleau-Ponty. Ciò che sono è ciò che faccio, che dico, che penso e che sento, il mio agire in un mondo che si adegua o meno plasticamente alle mie azioni, in base alla mia capacità di fluire insieme a esso.
Il Sé ideale invece è una rappresentazione mentale, e quindi lontana dalla realtà, costruita in base al mio riflesso sullo specchio del mondo esterno. Il Sé ideale è ciò che dovrei essere così come me lo suggeriscono i miei genitori, i miei insegnanti, la mia società e il mio Dio. Ma è anche il mio ideale personale su ciò che vorrei essere, lontano dai suggerimenti delle figure autorevoli. Non sempre ciò che voglio essere corrisponde a ciò che vogliono che io sia, no?
Il più delle volte però ci attribuiamo dei falsi ideali nella speranza di ottenere l’approvazione genitoriale e sociale, confondendo ciò che siamo veramente con ciò che si vuole che noi fossimo. Complicato.
Eppure non è una questione di Sé, quanto una questione di accoglienza del Sé. Il nostro Sé entra nel mondo privo di qualità e di categorie, il re nudo viene catapultato in una realtà sconosciuta nella quale per poter sopravvivere deve radicarsi, cioè farsi riconoscere. Il riconoscimento è il nostro modo di mettere radici nell’esistenza. E da qui emerge la necessità di rispecchiarci negli occhi, o meglio nelle menti degli altri.
Il Sé è il frutto di un continuo rispecchiamento, prima nei genitori, poi nelle altre figure importanti della vita. In base alle loro risposte noi acquisiamo le vesti, cioè i ruoli che dovremmo assumere per corrispondere alle loro richieste nei nostri confronti. Se lo specchio è inquinato, sarà lunga la strada per poter ritrovare la giusta immagine di noi stessi.
L’autostima arriva nel momento in cui abbiamo finalmente messo radici profonde nel nostro mondo. Quando ci sentiamo riconosciuti, presenti nella vita degli altri. Quando i nostri ideali si sono liberati dalle astrazioni mentali e sono discesi nei bisogni del mondo reale intorno a noi. Tra noi e il mondo c’è sempre lo specchio della mente, che ci indica costantemente la corrispondenza tra noi e gli altri.
L’autostima è un guardarsi negli occhi degli altri e scorgere una nostra immagine bella, ben definita, consistente. Così come un guardarsi dentro e cogliere un’immagine bella, ben definita e consistente di ciò che siamo. L’autostima è un dire finalmente Io sono!
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